In una intervista rilasciata a Giuseppe De Girolamo e pubblicata sul numero di dicembre 2018 di Politica meridionalista il neo rettore della Federico II, prof. Matteo Lorito, all’epoca direttore del Dipartimento di Agraria dell’università di Napoli ”Federico II”, ricorda il suo prestigioso percorso accademico in Italia e all’estero.
Quale significato rappresenta per lei l’assegnazione del Premio Dorso?
“Per me è un riconoscimento non solo alla mia persona per quello che è stato il mio percorso professionale, ma anche a quello che siamo riusciti insieme ai colleghi ed anche alla mia famiglia che mi hanno accompagnato e sostenuto, siamo riusciti a realizzare in questi anni, direi, di trasferta italiana, perché sono un rientrato in Italia. Ho fatto sempre scelte di passione, ho lasciato la mia città natale che è Salerno a 18 anni, quando anziché seguire le orme di mio padre, che era un importante dottore commercialista a Salerno, decisi di studiare Biologia a Napoli, lasciando stupito il mio papà che avrebbe desiderato studiassi Economia e Commercio alla Bocconi. Purtroppo quell’anno fu quello del terremoto e ci fu un blocco quasi toltale delle lezioni degli esami e di conseguenza dopo il primo esame a Napoli con un ottimo risultato, mi sono spostato in Toscana dove ho continuato tutti i miei studi. Dopo essermi laureato a Siena, sono rientrato a Napoli, per circa un anno, credendo in quello che è possibile realizzare nelle mie terre natie, proprio per amore per la mia terra, per la mia città, utilizzando borse di studio dedicate a giovani studiosi meridionali, abbandonando un percorso, che in terra Toscana, mi era stato prospettato nel mondo universitario. Dopo un anno, ho ottenuto la borsa per gli Stati Uniti d’America per questa importante Università la Cornell University, nello stato di New York, una delle top dieci dove mi sono stabilizzato. A New York ho trovato anche mia moglie, una signora che lavorava nell’anzidetta Università e dopo quattro anni mi è stato proposto di rientrare in Italia per impegnarmi a svolgere ricerche in un campo che in quegli anni era solo agli inizi e che era quello dello sviluppo dei metodi biologici per il controllo delle malattie delle piante. Fu una decisione che potrebbe essere giudicata folle, mia moglie lasciò il suo impiego, io sono tornato in Italia senza avere un impiego, e rientrando mettemmo su questo laboratorio che potrebbe essere considerato multietnico e multilinguistico, perché abbiamo sempre avuto persone provenienti da tante nazioni e di conseguenza si parla più inglese che italiano. Abbiamo costruito, con i fondi messi a disposizione dal CNR, questo laboratorio ad Agraria nella sede universitaria della Federico II presso la Reggia di Portici, attivando una disciplina che sostanzialmente era molto poco conosciuta, però con degli standard molto elevati ed oggi è un laboratorio che sostiene 25 ricercatori, con la sua importanza, io mi sono stabilizzato qui ed anche mia moglie che insegna Farmacia. Siamo un team fatto da marito e moglie come dicono gli inglesi husband and wife, quindi per me è stato un ritorno continuo alle origini e all’Italia che lasciata all’età di 18 anni ora mi ritrovo a Salerno dove vivo e dove ho frequentato il liceo classico <Tasso>”.
Giuseppe De Girolamo