Medicina di genere e gestione dell’aggressività, punti fondamentali per la sicurezza e la salute della donna
Milano, 15 novembre 2018 – Si sta tenendo in queste ore a Milano “Sicurezza e Malattie Cardiovascolari nella Donna”, il convegno organizzato da Onda – Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere in collaborazione con Daiichi Sankyo Italia. Un’iniziativa condotta dalla classe medica femminile per la classe medica femminile, con l’obiettivo di esplorare molteplici aspetti del tema della sicurezza per le donne, declinata sia in ambito terapeutico, con interventi focalizzati sulla cardiologia di genere e sull’alimentazione funzionale come strumento di prevenzione, sia in ambito professionale e lavorativo, con il workshop finale sulla gestione dell’aggressione verbale e non verbale nella pratica clinica, completato da una dimostrazione pratica di tecniche di difesa personale.
Negli ultimi anni si va sempre più diffondendo il concetto di medicina di genere, con focus su epidemiologia, prevenzione, diagnosi e terapia, considerato che numerosi aspetti della terapia farmacologica, dalla posologia agli effetti collaterali, risentono di una tipicità di sesso. In area cardiovascolare, per esempio, per molte decadi la ricerca si è focalizzata prevalentemente sui maschi adulti, a discapito del sesso femminile, poiché soprattutto nella fase di sviluppo di un farmaco bisogna tener conto della vita riproduttiva e delle comorbilità che rendono la donna un soggetto più problematico nella sperimentazione. Oltre a quelle biologiche, però, vi sono differenze di genere di tipo culturale, sociale e di “ruolo”, che vedono la donna essere più facilmente caregiver e meno attenta alla propria salute cardiovascolare, rispetto alle aree ginecologica, tumorale, artrosica e infiammatoria.
“La sotto-rappresentazione del genere femminile negli studi clinici limita le possibilità di orientare correttamente le scelte decisionali atte a garantire pari opportunità ed equa distribuzione delle cure cardiovascolari, influendo su diagnosi, efficacia, appropriatezza e dunque sicurezza delle terapie. Dal momento che la conoscenza delle specificità di sesso e di genere è diventata fondamentale anche in questo ambito, Onda, continua a dare il suo contributo al consolidamento di un approccio genere specifico, attraverso l’organizzazione di campagne di sensibilizzazione rivolte alla popolazione e di attività d formazione e aggiornamento per la classe medica come quella di oggi. – Ha spiegato Francesca Merzagora, Presidente di Onda – Questa è anche l’occasione per formare la classe medica femminile sulle modalità di gestione delle aggressioni verbali e fisiche, perché il tema della sicurezza nella salute della donna va declinato a tutto tondo, e questo aspetto purtroppo è diventato di grande attualità, visto l’impressionante incremento di episodi spiacevoli e pericolosi in cui i sanitari si trovano ad essere coinvolti durante i loro turni di lavoro”.
Donne e patologie cardiovascolari: Epidemiologia e fattori di rischio specifici
Le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di morte tra le donne, con un numero assoluto di morti superiore rispetto al sesso maschile, tuttavia il tasso di mortalità cardiovascolare “prematura” (prima dei 75 anni di età) è di gran lunga superiore negli uomini, dunque la mortalità cardiovascolare è maggiore nelle donne ma più tardiva. È stato ipotizzato, ma non dimostrato, che questo vantaggio biologico delle donne rispetto agli uomini sia almeno in parte dovuto a un effetto protettivo degli estrogeni sul sistema cardiocircolatorio, eppure le terapie ormonali in post-menopausa non hanno finora dimostrato efficacia nel ridurre la progressione né dell’aterosclerosi né degli eventi vascolari.
Il vantaggio relativo di salute nel caso delle donne è però attenuato da un tasso di mortalità dovuta ad attacchi coronarici che supera quello maschile (32% vs. 27%). Vi sono importanti differenze nelle varie patologie cardiovascolari, ad esempio le manifestazioni della cardiopatia coronarica differiscono tra i sessi, è più probabile che l’infarto miocardico non sia riconosciuto nelle donne rispetto agli uomini (34% vs. 27%), e più frequentemente nelle donne l’angina pectoris non è complicata (80%), mentre negli uomini l’angina tende a evolvere verso l’infarto (66%), e la morte improvvisa è più frequente negli uomini rispetto alle donne (50 % vs 39%).
Le differenze di genere rivestono però grande importanza anche nell’ambito dei fattori di rischio per malattie cardiovascolari. Si sta consolidando sempre più la distinzione tra fattori di rischio tradizionali (fattori di rischio «di Framingham»), che riguardano in misura simile entrambi i sessi, e fattori specifici per il genere femminile, alcuni semplicemente «slatentizzati» dalla gravidanza, altri che sono conseguenza o appaiono in associazione a malattie predominanti nelle donne. L’associazione tra fumo e malattie cardiovascolari sembra essere più forte nelle donne, in modo particolare quando è associato all’impiego di anticoncezionali estroprogestinici, alla familiarità per infarto precoce e all’anamnesi di emicrania. Tra i fattori di rischio peculiari per il genere femminile, invece, troviamo la radioterapia e la chemioterapia per neoplasia della mammella, infatti le radiazioni ionizzanti aumentano il rischio di infarto miocardico acuto e la chemio è cardiotossica. Inoltre la depressione nelle donne è associata ad outcome peggiori dopo cardiopatia acuta.
Bisogna incrementare dunque la percezione del rischio cardiovascolare per la donna e per chi la circonda, e prestare attenzione al trattamento farmacologico e non di questi fattori, poiché essi si fanno “più aggressivi” nel sesso femminile, in particolare per ciò che riguarda il diabete mellito e la sindrome metabolica. La sindrome metabolica va prevenuta sin dalla giovane età e con particolare forza dopo la menopausa, infatti con il progredire dell’età, ma ben oltre la sesta decade, le differenze tra i sessi vanno riducendosi e aumentano la probabilità e il rischio nella donna.
Differenze di genere evidenti ci sono anche nell’espressione clinica delle aritmie. La fibrillazione atriale è il maggior fattore di rischio modificabile di ictus, di malattia cardiovascolare e di mortalità nel genere femminile. Sono noti i fattori di rischio specifici di stroke per il sesso femminile, strettamente correlati agli effetti degli ormoni sessuali e all’assunzione degli estrogeni esogeni: gravidanza, anticoncezionali, menopausa, post-menopausa, ma le donne presentano inoltre anche un rischio di sanguinamento particolarmente elevato e l’utilizzo dei nuovi farmaci anticoagulanti orali, che rispetto agli antagonisti della vitamina K sono associati a una ridotta incidenza di emorragie intracraniche, si è dimostrato particolarmente sicuro e di beneficio nel sesso femminile. Comprendere le differenze di genere nell’anticoagulazione dei pazienti con fibrillazione atriale è importante per stabilire le misure preventive da adottare a lungo termine e guidare la scelta del trattamento anticoagulante più efficace e sicuro, con un impatto fondamentale su diagnosi precoce e accesso alle terapie, così da migliorare l’outcome clinico.
“Siamo stati ben felici di accettare l’invito di Onda a collaborare a questo evento che declina nel dettaglio un aspetto sul quale Daiichi Sankyo è da sempre attivamente impegnata in prima linea, ovvero la sicurezza in campo terapeutico. Siamo orgogliosi di dare il nostro piccolo contributo allo sviluppo della cardiologia di genere e alla sensibilizzazione su un tema così delicato e attuale come quello delle aggressioni in ambito sanitario. Ci auguriamo che iniziative come questa possano moltiplicarsi su tutto il territorio nazionale.” Ha dichiarato Massimo Grandi, Amministratore Delegato di Daiichi Sankyo Italia
Gestire l’aggressività negli ambienti sanitari
Ma la sicurezza per la salute delle donne non è solo prevenzione e gestione in ambito terapeutico, ma anche una necessità in campo professionale, e i recentissimi fatti di cronaca sulle aggressioni in ambulatori e guardie mediche lo dimostrano in modo lampante. Una recente indagine di Federsanità –ANCI e Fnomceo, rivela che gli atti di violenza verbale o fisica si concentrano soprattutto nelle aree di emergenza, i servizi psichiatrici, i Ser.T, la continuità assistenziale, i servizi di geriatria, e contestualmente le figure sanitarie più colpite sono medici, infermieri e operatori socio-sanitari. Diventa dunque urgente preparare la classe medica, e in particolar modo quella femminile, alla gestione dell’aggressività verbale e non verbale a cui si assiste sempre più spesso nella pratica clinica, una violenza che si manifesta con varie sfaccettature e si scatena per vari motivi, che possono essere di ordine psicologico, familiare, sanitario o addirittura sociale. E’ impossibile, infatti, non rilevare la mutata percezione dell’opinione pubblica rispetto a quanti esercitano la professione sanitaria, che registra il passaggio da una fiducia totale nei tempi e nelle capacità del medico ad una pretesa di attenzione e di guarigione, anche quando queste non sono né possibili né immediate.
Fonte: Daiichi Sankyo
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