Matteo SIMONE
Filippo Poponesi si presenta tra i partenti alla corsa a piedi di 490 km, con partenza a da Atene arrivo a Sparta e ritorno ad Atene (ASA), esperto di corse di lunga distanze e non solo la porta a termine ma arriva primo degli italiani e 5° assoluto.
Lo start dell’ASA c’è stato sabato mattina 18 novembre alle 07.00 (ora italiana 06.00) e Filippo ci ha impiegato quasi 4 giorni, il tempo massimo era di 104 ore. Ora Filippo che giorno per giorno prende sempre più consapevolezza di quello che ha fatto ha risposto ad alcune mie domande che ci permettono di approfondire la conoscenza di questo mondo degli ultrarunner, defiiito bizzarro, masochistico, resiliente, sorprendente e anche divertente.
Ciao, che sapore ti ha lasciato questa gara ASA? Avuto problemi, criticità? “Questa gara ha ulteriormente accresciuto la mia autostima. Ho avuto la conferma che nulla può spaventarmi e che se voglio posso superare i tanti ostacoli che la vita mi pone davanti, se non tutti almeno la maggior parte. E non a caso già in alcune occasioni ho avuto modo di dire a qualcuno: “Sappi che davanti hai una persona che ha percorso a piedi quasi 500 chilometri dormendo un’ora in quattro giorni. Occhio!” Il tutto amplificato dal fatto che di problemi e criticità ce ne sono stati ben pochi, fra cui un’infiammazione al tibiale che mi ha fatto temere di dover camminare per tutto il tragitto di ritorno da Sparta ad Atene e che però pian piano si è affievolita lasciandomi correre per tutto il tratto successivo alla montagna. Pensare lucidamente di dover camminare per 60 ore e non preoccuparsene mi ha fatto capire che mentalmente ero al TOP.”
Cose incredibili, sembra fantascienza, eppure quello che emerge dai racconti di Filippo sono cose assurde ma vere, ritenute impossibili ma fattibili.
Curiosità? “Vera curiosità, che sembrerà forse strano per molti, è che mi sono davvero divertito. Ho scherzato e riso dall’inizio alla fine, quando il primo pensiero che passa nella mente di chi cerca di immaginarsi cosa voglia dire affrontare una gara da 490 km è un mix di fatica, sonno, sofferenza e dolore. Non dico di non aver provato alcuna di queste sensazioni, ma solo in minima parte. Il mio carattere estremamente positivo mi ha aiutato molto.”
Strano ma vero, a volte l’essere positivi ti permette di non sentire la stanchezza, non vedere preoccupazioni, non temere le difficoltà, diventa importantissimo l’approccio mentale sereno e spensierato ma sempre focalizzato sul percorso e sull’obbiettivo di arrivare a destinazione sano e salvo e in buone condizioni per gioire e raccontare tanto vissuto a se stesso e agli altri.
Sorprese? “Beh, per quanto già sapessi di essere un “diesel”, cioè uno che riesce a dare tantissimo alla distanza, la vera sorpresa è stata che a circa 160 chilometri dall’arrivo correvo in salita come se avessi iniziato da pochi minuti. Ero certo di essermi preparato abbastanza bene, dedicando molto tempo anche al riposo nell’ultimo mese prima della gara ed ero altrettanto certo di avere un’ottima forza mentale, ma non mi sarei mai aspettato, dopo 330 km e due volte il superamento del monte Artemisio, di avere tutta quell’energia sulle gambe. Si, devo dire che è stata una bellissima sorpresa.”
Non si finisce mai di sorprendersi per quello che si riesce a fare nonostante tutto, nonostante gli anni passano per esempio, ma in questo tipo di sport di endurance conta molto di più di tutto l’esperienza e la forza mentale.
C'è un alimento particolare che hai assunto in gara? “Un alimento in particolare no, ho mangiato le cose più svariate, in parte fornite ai ristori in parte acquistate prima della gara, fra cui pane e prosciutto, pane con miele e noci, pane con tonno, pane con cioccolata fondente, pane con mozzarella e pomodoro, grissini avvolti con speck e formaggio a fette, pasta, riso, zuppe di verdure, frutta fresca e secca, patatine fritte, pizza e sicuramente altro che non ricordo. In tutto questo pochissimi integratori solidi (barrette e carbogel) e molta acqua e zucchero o acqua e sali minerali per evitare il rischio di crampi. Insomma, di tutto e di più, ovviamente in piccole quantità, assunte principalmente nei momenti in cui si camminava.”
Per chi non comprende questo mondo bizzarro degli ultrarunner può sembrare assurdo mangiare tali pietanze durante una gara sportiva, ma percorrere 490km significa azzerare i serbatori se non si integra adeguatamente, e questo diventa anche un’aspetto fondamentale da allenare.
Quale è stata la sosta maggiore? “Mediamente le soste ai principali check-point sono durate dai 15 minuti alle due ore. All’arrivo a Sparta ho fatto la doccia, mi sono cambiato e mi sono fatto fare un leggero massaggio alle gambe, il tutto durato circa un’ora, se non ricordo male. A Tegea, cioè il primo check-point sulla strada del ritorno dopo la ripartenza da Sparta, ci siamo fermati circa un paio d’ore, una dedicata a curare l’infiammazione al tibiale e le vesciche ed una al sonno, l’unica in tutte le 94 di gara.”
Una gara di 94 ore, una lunga agonia potrebbe sembrare, ma quello che ne viene fuori è un vivere poi di rendita per l’esperienza avuta arricchente e formativa.
Come ti prendi cura di te ora dopo una gara di quasi 4 giorni di corsa? “Nulla di particolare, se non qualche seduta dal fisioterapista per sciogliere le gambe e per far allungare la schiena e assoluto riposo, almeno per le prime due settimane successive alla gara. Era nelle mie intenzioni andare anche un po’ in piscina, ma poi la pigrizia mi ha, ahimè, dissuaso. Mi avrebbe fatto sicuramente bene.”
E’ ammissibile, giustificabile e ben venga la pigrizia e un po’ di ozio dopo una gara di 490km della durata di 94 ore, tante coccole per proteggersi sono necessarie.
Cosa hai raccontato a casa, al lavoro, agli amici dopo la gara? “Più che raccontare è stato un rispondere alle tante domande mosse dalla curiosità di chi non riesce neanche minimamente a pensare cosa voglia dire correre e camminare praticamente ininterrottamente per quasi 500 chilometri dormendo solo poche ore in quattro giorni. E quindi ti trovi a parlare del freddo, della pioggia, del sonno, della lunghezza e ripidità della montagna, delle vesciche, di quante volte hai cambiato scarpe maglia e pantaloni, di cosa hai mangiato e di quanti litri di liquidi ti sei bevuto, di dove hai fatto i bisogni (domanda stranamente molto ricorrente), ma soprattutto “A cosa si pensa mentre si corre e cammina per 94 ore?”, a testimonianza che la mente rimane sempre l’oggetto misterioso di questo nostro corpo umano. In pratica come fare un terzo grado ad alieno per scoprire cosa c’è su Marte.”
Vero, concordo e posso immaginare, io che un po’ sperimento ma in misura ridotta e un po’ che seguo questi marziani non mi sorprendo più di niente e comprendo gli uni e gli altri gli ultrarunner che nonostante tutto speriementao benessere e i non addetti ai lavori che restano increduli e sbalorditi a sentire certe storie strane di extraterrestri.
In quali circostanze hai dimostrato l’importanza del potere della mente? “Quando ho temuto di dover camminare da Sparta ad Atene, cioè almeno 60 ore. In quel momento, se non fossi stato mentalmente forte probabilmente avrei anche potuto pensare di fermarmi, ma così non è stato. Mentalmente ero al TOP.”
Mentalmente ero al top dice Filippo, è vero si sperimenta gradualmente la possibilità di continuare nonostante tutto, se per la maratona c’è il muro dei 35 km, alla 100 km ti accorgi che a volte già al 40° km ci può essere il muro ma fai finta di niente e vai avanti aspettando nuove e rinnovate energie e così per gare di 94 ore se alla 30° ora avverti crisi sai che puoi non mollare.
Cosa metti nel tuo bagaglio di importante da portare nel prossimo anno e cosa lasci? “Sicuramente altri dodici mesi di importantissime e formative esperienze, sia dal punto di vista sportivo che di vita. Come ho avuto modo di dire più e più volte, la corsa ed in particolar modo l’ultramaratona sono una metafora della vita. Da questa disciplina sportiva ho imparato che non bisogna aver fretta per raggiungere gli obiettivi. Il tempo è galantuomo e basta saper andare avanti piano piano senza mollare mai per ottenere alla fine le più grandi soddisfazioni. Cosa lascio? Un altro anno di vita che se n’è andato.”
Quali sono i benefici nel praticare lo sport di lunghe distanze? “Mi aiuta a scaricare le tensioni accumulate nel quotidiano, anche quando partecipo alle gare, rigenerando la mente grazie ai bellissima paesaggi che il nostro paese ci offre, in particolar modo quando mi alleno fra le mie verdi colline umbre ed il lago Trasimeno. Teoricamente dovrebbe giovarne anche il fisico, ma nel mio caso … è un’altra storia! Un caro amico un giorno mi ha detto: “Tu sei come il calabrone, che teoricamente non potrebbe volare!” Ahahah.”
E’ vero il razionale non ti fa andare da nessuna parte, il razionale alimenta il tuo sabotatore interno che ti dice che hai una certa età, che non ce la puoi fare, la positività e la creatività alimentano il tuo aiutatore interno, credendoci sempre di più e facendo cose ritenute assurde e impossibili ai comuni terreni.
Quali sono le risorse che hai scoperto di avere praticando sport? “Determinazione, tenacia, spirito di sacrificio, motivazione, forza mentale e fisica, ma soprattutto voglia di divertirmi, sempre!”
In quali circostanze ti sei sentito campione quest’anno? “Sarebbe troppo facile dire dopo ASA e UMS. Mi sono sentito campione durante tutto l’anno perché ho partecipato a gare percorrendo centinaia di chilometri divertendomi, facendo divertire chi stava con me e non facendomi male. In pratica è come se avessi vinto tutte le gare!”
Cosa hai scoperto quest’anno di te, degli altri, dello sport? “Perdona il gioco di parole, ma di me “ho scoperto” che “forse ancora non ho scoperto” quali siano i miei limiti e le mie potenzialità ed ASA ne è stata la conferma. Dopo 450 chilometri, mentre correvo, mi sono chiesto: “Ma quando arriverà il momento in cui stramazzerò al suolo?” Non ho avuto la risposta perché sono arrivato al traguardo, stanco ma senza particolari problemi. Ed in quel momento mi sono reso conto che se avessi riposato dormendo un paio d’ore sarei potuto anche andare avanti, per non so quanto ma lo avrei potuto fare. Ecco perché dico che non so ancora quale sia il mio limite. Degli altri ho scoperto che ogni gara è una cosa a se e non è detto che se un atleta ha ottenuto grandi risultati in altre manifestazioni riesca sempre a ripetersi. Dello sport non ho scoperto molto di nuovo, ma ho avuto la conferma che se praticato con intelligenza, serietà, onestà, rispetto per se stessi e per gli altri pur con un pizzico di sano agonismo, ti aiuta a vivere meglio perché ti diverti a praticarlo. Se invece metti al primo posto, la competizione estrema, l’invidia, l’ossessione, il voler raggiungere l’obiettivo a qualsiasi costo anche facendo male al tuo fisico e adottando tecniche diciamo “non proprio corrette”, non ti diverti, diventa un secondo lavoro e tutto ciò non giova né al fisico e tantomeno allo spirito ed alla mente.”
Si può fare tutto ma con attenzione senza per forza vincere, senza invidiare i più forti e poi la ruota gira, ora va bene a te, domani a un altro, non per forza bisogna sempre confermarsi vincitori e performanti, prendere quello che c’è ogni momento, ogni giorno senza pretese e senza inganni.
Quali sono i tuoi prossimi programmi sportivi, obiettivi, sogni da realizzare? “Nella prima parte del prossimo anno, diciamo fino a maggio, vorrei tornare a fare qualche gara veloce, mezze maratone e maratone, per poi tornare all’ULTRA. Probabilmente invierò la richiesta d’iscrizione per Spartathlon 2018 sperando che venga accolta e poi l’idea sarebbe di riprovare a tornare ad ASA per cercare di confermare il primo risultato e magari ritoccare un po’ le 94 ore di quest’anno. Ho promesso al mio amico Paolo Bucci che ci saremmo tornati insieme ed una promessa ad un amico non può non essere mantenuta! I AM ULTRA! Buone corse a tutti!”
Bella storia, di persone felici e resilienti con lo sport in amicizia, senza stress un passo alla volta.
Matteo SIMONE
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