Mauro Spagnolo – direttore di Rinnovabili.it – intervista Paolo Tomasi presidente del CONOU, il Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Minerali Usati, unica realtà nazionale a difendere l’ambiente dal potenziale inquinamento generato dall’olio lubrificante usato.
Attualmente in Italia si raccoglie e si avvia al riciclo ben il 98% dell’olio lubrificante usato, con 8 anni di anticipo rispetto ai limiti previsti dalla legge comunitaria. Il CONOU si colloca quindi come capofila e riferimento per tutta l’Unione Europea. Se ho ben capito voi esporterete il vostro modello in altri paesi UE?
In effetti l’Italia da tempo è considerata un modello per questo tipo di attività. Per prima cosa perché noi abbiamo una tradizione nel settore della raccolta dell’olio lubrificante usato, e della sua rigenerazione. La normativa di riferimento affonda le sue radici nei lontani anni ’40 quando, per problematiche di altra natura, cioè l’autarchia tipica di quel del periodo, si cercava di utilizzare al meglio tutte le materie prime, e tra queste anche i lubrificanti. S’iniziarono a creare, allora, delle aziende attrezzate per fare un trattamento, chiaramente ancora blando, per la rigenerazione di un elemento fino ad allora considerato unicamente un rifiuto. Poi si è immaginato che il sistema potesse essere industrializzato e quindi sia coloro che raccoglievano che quelli che rigeneravano, diventarono sempre più efficienti fino a motivare i grandi investimenti che consentirono di realizzare vere e proprie raffinerie.
Quali sono queste Aziende?
Attualmente in Italia ne abbiamo due importanti, la Viscolube e la Ramoil, legate a due tecnologie diverse, ma entrambe molto efficienti e stimolo per tante altre attività che oggi fanno parte della filiera del nostro modello consortile. Si tratta davvero di due eccellenze oggi stimate in tutto il mondo.
Facciamo un po’ di conti. Da quando è nato il Consorzio quanto si è risparmiato in termini di mancata importazione di petrolio?
Direi che i numeri sono davvero confortanti. Intanto vorrei spiegare come abbiamo fatto il calcolo. Partendo dal presupposto che dal trattamento, oltre all’olio base, si generano anche gasolio e bitumi, abbiamo inserito nella stima la produzione di tutti e tre i prodotti. Si arriva così a determinare un risparmio di tre miliardi di euro nei 35 anni di attività. Oltre a quello economico ci sono poi altri elementi di risparmio: la riduzione di emissione di CO2, la riduzione di occupazione del suolo con altri insediamenti produttivi, la riduzione di greggio importato e, fattore di grande importanza, il risparmio di acqua.
Qual è l’attuale limite di raccolta dell’olio usato imposto dalla normativa europea?
In realtà la normativa europea stabilisce degli obiettivi che per noi sarebbero francamente trascurabili in quanto siamo molto più avanti: basti pensare che noi trattiamo circa il 98% dell’olio lubrificante usato raccoglibile.
Ammesso che ci siano ancora margini di miglioramento per il lavoro del CONOU, cosa chiederebbe di fare, in più o meglio, agli attori del vostro sistema?
Ai cittadini chiederei di aumentare ancor di più la consapevolezza che stiamo trattano un rifiuto altamente pericoloso e che quindi bisogna evitare il “fai da te”, cioè il cambio dell’olio, ma affidarlo a chi lo fa di professione. Al Governo chiederei di migliorare una legge imperfetta, frutto di tante manipolazioni che mostrano una comprensione parziale dei reali problemi del settore. Ai produttori di rifiuti chiederei di non miscelare tra di loro le diverse tipologie di oli raccolti, oli che se fossero mantenuti separati, consentirebbero un coefficiente di recuperabilità molto più elevato.
E’ questo lo spazio che dobbiamo ancora recuperare per avere un ulteriore aumento di quella piccola percentuale di rigenerazione che ancora ci manca.
Intervista integrale: Rinnovabili.it
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