Mario Barbaro, con il suo libro Nondemocrazia. Il sistema in cui viviamo dipende solo da noi, pubblicato da SBS Edizioni, affronta un tema di estrema attualità e complessità: lo stato della democrazia oggi e il ruolo cruciale dei cittadini nella sua difesa e preservazione. L'opera, con uno stile diretto e lucido, invita il lettore a riflettere su questioni di grande rilevanza sociale e politica, spaziando dall'organizzazione dello Stato fino ai grandi temi di giustizia e diritti umani. In questa intervista, Mario Barbaro ci offre uno sguardo più approfondito sul pensiero che sta alla base del suo libro e sulle sfide che ci attendono nel mantenere viva la democrazia.
Il titolo del suo libro, Nondemocrazia, vuole evocare una mancanza o una pericolosa deriva. Da dove nasce questa scelta e come descriverebbe lo stato attuale della nostra democrazia?
Il titolo vuole essere evocativo di un rischio, quello di scivolare verso una “Nondemocrazia” cronica se non acuta. Oggi come paese viviamo molte contraddizioni che cerco di evidenziare nel testo con messaggi il più possibile semplici. Occorre tenere sempre conto che la democrazia è comunque imperfetta per definizione. Il “democracy index” dell’Economist, che stila una classifica dei sistemi dei vari paesi, cataloga l’italia nel gruppo delle democrazie imperfette.
Nel suo lavoro, dedica ampio spazio al concetto di partecipazione attiva dei cittadini. Come ritiene che l'era digitale abbia modificato, se non addirittura stravolto, il rapporto tra i cittadini e le istituzioni?
Il rapporto tra cittadini e istituzioni può essere stravolto anche senza le novità che arrivano dall’era digitale e nel volume cerco di evidenziare alcuni aspetti che hanno riguardato anche il nostro paese. A ogni modo la tecnologia rappresenta una grossa sfida, non necessariamente ciò che proviene dall’innovazione tecnologica può essere negativo. Ci sono sicuramente delle insidie che vanno riconosciute per tempo e a cui occorre possibilmente porre rimedio.
Lei evidenzia spesso l'importanza della separazione dei poteri. Come vede l'equilibrio tra poteri oggi in Italia? Ci sono degli ambiti in cui vede la necessità di un intervento urgente per rafforzare questo principio fondamentale?
Personalmente credo che occorra tornare a proporre grandi dibattiti nel paese. Ce n’è bisogno sicuramente. E’ una domanda che necessiterebbe di grandi approfondimenti senza scadere in risposte che possano assomigliare a slogan. Di sicuro io mi auguro che si torni a parlare di riforme e che tali riforme vadano nel senso indicato dalla Costituzione per diversi aspetti, in primis per ciò che attiene all’ambito della giustizia.
Nel trattare temi come la giustizia e il carcere, emerge una profonda preoccupazione per il sistema attuale. Quali sono, secondo lei, le riforme più urgenti per garantire un sistema giustizia che rispetti davvero i principi democratici?
Recentemente, nel 2022, si è votato su quesiti referendari (proposti dal Partito Radicale e dalla Lega ma poi sostenuti da diverse forze politiche) in materia di giustizia che non hanno però raggiunto il quorum necessario. Sono quesiti che secondo i promotori avrebbero avviato una serie di riforme utili a migliorare il sistema nel suo complesso generando impatti positivi anche sul sistema carcerario. Credo si debba partire da lì, da quei temi che spaziavano dalla custodia cautelare ad alcuni aspetti che riguardavano il funzionamento della magistratura. In generale si fa molta fatica ad aprire un dibattito all’interno del paese su questo ma anche su altri temi.
Il suo libro tocca un tema delicato: l'indifferenza o la disaffezione dei cittadini verso la politica. Come crede che si possa contrastare questa tendenza e riportare il cittadino al centro del dibattito democratico?
Occorre innanzitutto una grande consapevolezza da parte dei cittadini. La consapevolezza è molto carente in questo senso, non si comprende nemmeno appieno cosa significhi vivere in una democrazia completa rispetto a vivere sotto regimi più o meno autoritari. I costituenti avevano previsto l’istituto del Referendum abrogativo nella nostra Carta costituzionale proprio perché immaginavano che alcune delle disposizioni approvate dai rappresentanti dei cittadini potessero andare in contrasto con gli interessi del cittadino. Ma come può il cittadino difendere i propri interessi se manca una cultura democratica di un certo livello?
È facile intuire che sarebbe come andare alla deriva senza strumenti efficaci. Elevando il grado di cultura e consapevolezza probabilmente gli slogan a effetto non avrebbero vita facile e si stimolerebbe il pensiero. Pensiero che potrebbe poi tramutarsi in azione.