Antonio De Mitri - “Una stagione in gabbia scenica”
Antonio De Mitri presenta una silloge poetica scandita in otto atti, in cui esprime le sue riflessioni su cosa significhi essere parte del caos dell’esistenza. Il poeta dispensa le sue amare verità in liriche brevi e intense che colpiscono come una stilettata, e che sono concepite e hanno valore sia come componimenti a sé stanti che come tasselli di un mosaico più grande, in cui si può cogliere la summa del pensiero di questo raffinato e tormentato autore. Con una prefazione della critica letteraria e docente Maria Occhinegro e una postfazione del neurochirurgo e musicologo Antonio Montinaro.
Casa editrice: peQuod Editore
Collana: Rive
Genere: Raccolta poetica
Pagine: 154
Prezzo: 16,00 €
«in casa non c’è posa.
come nel corpo non c’è pace
per l’anima. ma
peso»
“Una stagione in gabbia scenica” di Antonio De Mitri è una raccolta poetica deflagrante che, con le sue brevi liriche, riesce a sconvolgere l’anima del lettore: benché si comprenda di trovarsi di fronte a componimenti profondamente intimi e personali - «questa è/la mia storia/tempesta/ad ogni ora/tormenta/nella testa/un incendio/una foresta», questi versi sono comunque capaci di coinvolgere il vissuto di ognuno, permettendo di estrapolare dei significati che siano più in linea con il proprio sentire.
È inevitabile, leggendo il titolo della raccolta, il richiamo al poema in prosa di Arthur Rimbaud “Una stagione all’inferno” (“Une saison en enfer”, 1873); in entrambe le opere i poeti scendono nel loro inferno personale, per trovare un significato alla progressiva disfatta della condizione umana - «folle di ragionamenti. cumuli di dati. ahi macabre ricerche. di significati. sepolti: sulla terra l’inferno. nella testa».
In questa silloge poetica la vita viene messa in scena come a teatro – un théâtre lyrique privé: è un monologo drammatico che consuma l’anima, è una tragedia grottesca da cui non c’è scampo; la scena diventa una gabbia da cui non si può fuggire, se non quando la rappresentazione è finita e il calo del sipario annuncia la pace della morte.
Antonio De Mitri possiede il dono di una scrittura diretta, tagliente e potente; è straordinario come riesca a esprimere un complesso mondo di suggestioni e percezioni in una manciata di fugaci parole. I suoi versi, così ironicamente amari, sono testimonianza di una poesia di asparizione, così come viene spiegato dalla prefatrice Maria Occhinegro: «Il neologismo indica un fenomeno particolare, quello di un oggetto, di un pensiero, di un gesto, di un significato che fanno la loro apparizione e durano insieme ad essa unicamente per il tempo necessario, qualunque esso sia, ad essere colti nel fugace minuzzolo della visione immediata suscitata dalla parola poetica».
“Una stagione in gabbia scenica” è caratterizzata da un uso creativo della punteggiatura, dall’assenza di maiuscole, dall’utilizzo di lingue, misure metriche e ritmi diversi: il poeta frammenta e scardina, e da questa distruzione estrae significati che sono come schegge impazzite. Bisogna afferrarle nell’attimo fuggente, dopodiché spariscono; De Mitri sa che la vita è caos, e così è il suo significato: disorientante.
SINOSSI DELL’OPERA. Dalla prefazione all’opera di Maria Occhinegro: «Quasi una poesia allo stato solido e consapevole in cui il linguaggio così costruito si fa abisso di potenza per le allusioni che suscita nella mente dell'uomo in stato non di possesso, ma di ricerca del senso». Dalla postfazione all’opera di Antonio Montinaro: «Nei versi di De Mitri il dolore si stempera costantemente nella poesia che si fa desiderio di “stare accanto alla mia mente…carezzare le sue labbra, silenziarla”. Ma è un silenzio che non tace. E non tace perché pura espressione della realtà spirituale e sociale dell’uomo-poeta. È il silenzio che si fa musica, la musica che inonda le circonvoluzioni e svela il flusso incessante dei ricordi e dei sogni interrotti».
della rivista filosofica “Sensus Communis – An International Quarterly for Studies on Alethic
Logic” della Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Lateranense di Roma. Membro di
rinomate associazioni di musica classica, come il Centro Studi Giacomo Puccini di Lucca, è autore di testi per musica contemporanea e di raccolte poetiche, fra le quali: “Uno” (Manni, 2005), “Avvincente storia dell’oblìo” (peQuod, 2017) e “Ignorabilia” (Manni, 2019).
Contatti
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