di Adolfo Tasinato
Negli ultimi anni, il tema della censura sui social media è diventato centrale nel dibattito pubblico. Mentre piattaforme come Facebook, Twitter e Instagram hanno dato l'idea di democratizzare l'accesso alle informazioni e dare voce a chiunque, oggi si trovano sempre più spesso a dover moderare o rimuovere contenuti, suscitando preoccupazioni sul loro ruolo nel limitare la libertà di espressione. La domanda che sorge spontanea è: la censura sui social media rappresenta un pericolo per la democrazia?
La complessità della censura sui social
La censura sui social non è un fenomeno monolitico, ma si manifesta in diverse forme. Da un lato, c'è la moderazione dei contenuti da parte delle piattaforme stesse, spesso automatizzata tramite algoritmi, che mira a rimuovere hate speech, disinformazione e contenuti violenti. Dall'altro, ci sono le pressioni esterne da parte di governi e autorità che cercano di controllare il flusso di informazioni, soprattutto in contesti di crisi politiche o sociali.
Un esempio eclatante di censura è avvenuto durante la primavera araba, quando i governi di Egitto, Tunisia e Libia hanno tentato di limitare l'accesso a Internet e ai social media per impedire la diffusione di proteste e manifestazioni. Più recentemente, la Cina ha bloccato l'accesso a piattaforme come Twitter e Facebook, promuovendo invece servizi locali controllati dallo Stato.
Anche nei paesi democratici, come gli Stati Uniti, si è assistito a episodi di censura, ad esempio con la sospensione dell'account Twitter dell'ex presidente Donald Trump, decisione che ha sollevato un acceso dibattito sul potere delle piattaforme di silenziare figure pubbliche.
Trump che solo di recente è stato riammesso su X erede di Twitter di proprietà di Elon Musk.
Questo episodio rappresenta e sintetizza alcuni aspetti legati al tema della censura sui social, da un lato abbiamo la riabilitazione del candidato alla presidenza USA non più sottoposto a censura totale, dall'altro abbiamo Elon Musk che per questo motivo è stato messo nel mirino di Istituzioni come la UE che lo accusano di fare disinformazione dando visibilità a Trump! Siamo arrivati al punto che il governo inglese ha avvisato Musk che potrebbe essere bandito col suo social nel Regno Unito.
Quindi abbiamo i governi che censurano le piattaforme social a loro volta accusate di censura!
In realtà abbiamo uno scontro tra il potere dei governi e il potere delle aziende proprietarie delle piattaforme social, la gente normale è ancora una volta nel mezzo senza troppa voce in capitolo.
C'è anche da dire che esistono strategie di comunicazione e di controllo dei social usate da governi, partiti politici e personaggi importanti che possono se non censurare almeno neutralizzare la libertà di espressione degli utenti dei social o almeno limitandone gli effetti.
Perché i social danno fastidio al potere
I social media rappresentano una minaccia per il potere costituito per diverse ragioni. Innanzitutto, la loro capacità di diffondere informazioni in tempo reale e senza filtri permette a cittadini comuni, attivisti e giornalisti indipendenti di denunciare abusi di potere, corruzione e ingiustizie. Questo mette in crisi i tradizionali meccanismi di controllo dell'informazione, che spesso avvengono tramite i media mainstream, più facilmente influenzabili da governi e gruppi di interesse.
Inoltre, i social media favoriscono la creazione di movimenti dal basso, come il movimento MeToo o Black Lives Matter, che riescono a catalizzare l'attenzione su temi ignorati o minimizzati dai media tradizionali. Questi movimenti, nati e cresciuti online, sono spesso percepiti come una minaccia dalle istituzioni, poiché sfuggono al loro controllo e mettono in discussione lo status quo. C'è anche da dire che spesso certi movimenti sono tutt'altro che spontanei.
Un'altra ragione per cui i social media disturbano il potere è la loro capacità di amplificare le voci di opposizione. Durante le elezioni presidenziali in Bielorussia del 2020, ad esempio, le piattaforme social sono state cruciali per l'organizzazione e la comunicazione delle proteste contro il regime di Aleksandr Lukashenko, nonostante la repressione governativa.
Anche nella guerra in Ucraina almeno nella fase iniziale intenso è stato l'utilizzo dei social da parte del Presidente ucraino utilizzati anche come canale di comunicazione con altri Capi di Stato. In Italia subito dopo l'avvio della legislatura con il Governo presieduto da Giorgia Meloni fortissima è stata l'attività di contrasto sui social da parte dei suoi avversari politici che però non sembra essere andata oltre una fisiologica polarizzazione. E' anzi Giorgia Meloni ad essere la regina di questi strumenti di comunicazione, come confermano tutti i dati relativi a follower ed engagement. I suoi avversari gridano alla censura televisiva ma la realtà è che se non si hanno argomenti validi i social non fanno miracoli.
Le conseguenze della censura per la democrazia
La censura sui social media rischia di avere gravi conseguenze per la democrazia. Quando le piattaforme limitano la libertà di espressione, si riduce lo spazio per il dibattito pubblico e si crea un pericoloso precedente: chi decide quali contenuti sono accettabili e quali no? Se la decisione è lasciata nelle mani di aziende private o di governi autoritari, il rischio è quello di un controllo sempre più capillare sulle opinioni e le informazioni.
Inoltre, la censura può alimentare la polarizzazione sociale. Quando una parte della popolazione si sente esclusa dal dibattito pubblico, tende a radicalizzarsi e a cercare spazi alternativi, spesso meno moderati e più pericolosi, dove poter esprimere liberamente le proprie idee. Questo può portare alla nascita di bolle informative con effetti negativi sulla coesione sociale e sulla qualità del discorso pubblico.
Possibili soluzioni
Affrontare il problema della censura sui social media non è semplice, ma alcune soluzioni potrebbero contribuire a mitigare i rischi per la democrazia.
1. Regolamentazione trasparente: è necessario che le piattaforme social siano soggette a regolamentazioni chiare e trasparenti, che definiscano i limiti della moderazione dei contenuti. Queste regolamentazioni dovrebbero essere elaborate in collaborazione con governi, società civile e esperti di diritti umani, per garantire che la libertà di espressione sia tutelata.
2. Algoritmi più etici: le piattaforme dovrebbero investire in tecnologie di moderazione più etiche, che non si limitino a censurare contenuti in modo automatico, ma che tengano conto del contesto e delle sfumature. L'intelligenza artificiale può essere uno strumento utile, ma deve essere affiancata da un intervento umano per evitare errori e ingiustizie.
3. Più responsabilità per le piattaforme: le aziende che gestiscono i social media dovrebbero assumersi la responsabilità delle conseguenze delle loro decisioni. Questo potrebbe includere la creazione di meccanismi di appello trasparenti per gli utenti che si sentono ingiustamente censurati e l'istituzione di organismi indipendenti di supervisione.
4. Educazione digitale: infine, è fondamentale investire nell'educazione digitale dei cittadini. Un'utenza più consapevole e informata è meno vulnerabile alla disinformazione e più capace di navigare in modo critico nel vasto mare di informazioni che circolano sui social media.
In conclusione, la censura sui social media rappresenta un problema complesso e delicato, che richiede un equilibrio tra la necessità di moderare contenuti pericolosi e la tutela della libertà di espressione. Se non affrontato in modo adeguato, questo problema rischia di minare le fondamenta stesse della democrazia, limitando il pluralismo e il dibattito pubblico.
Va seguito con attenzione il processo di implementazione dei sistemi di intelligenza artificiale nelle piattaforme social, oggi vi sono già sistemi automatici, i bot, programmi software che eseguono attività automatizzate come simulare la interazione di una persona reale. Ma sono sistemi che tradiscono facilmente la loro identità cosi come i cosiddetti troll persone fisiche che si limitano ad interagire sui social spesso in modo volgare e ripetitivo per inquinare i dialoghi tra gli utenti.
Quando grazie ai sistemi di IA avremo utenti artificiali in grado di argomentare in modo simile a quello degli esseri umani, allora sarà difficile distinguere la realtà prodotta dagli umani da quella prodotta dalle macchine, probabilmente si integreranno e per le persone sarà un po' come interagire in un metaverso e nella realtà virtuale. Ma cosa produrrà tutto questo a livello sociale, politico, di informazione e disinformazione?
Tuttavia, con soluzioni mirate e una maggiore responsabilità da parte delle piattaforme e degli utenti, sarà possibile creare un ecosistema digitale più equo e democratico, anche se in un mondo dove governi e politica sono sempre meno potenti e soggetti alla volontà del potere finanziario, non sarà facile trovare il giusto equilibrio tra i tanti interessi in gioco.
Probabilmente il sistema dei social come lo conosciamo imploderà e contemporaneamente avremo nuove tecnologie e piattaforme anche perché la strategia della finanza è quella di creare aspettative sulle quali altri possano investire i loro soldi creando delle bolle finanziarie che arricchiscono sempre i soliti noti. Ma questa è un'altra storia.