Gli eventi di cronaca recente sollevano una domanda fondamentale: gli adulti sembrano aver perso la capacità di comprendere i giovani. Sono ancora in grado di educarli, di guidarli verso la maturità?
Giancarlo Restivo: La situazione è triste, dolorosa. Non ho una formula magica per rispondere a questa crisi, ma posso condividere la mia esperienza, che è segnata dalla sofferenza di chi vede un mondo adulto smarrito, incapace di rispondere alle sfide del presente. Come scriveva Georges Bernanos, "La crisi del mondo moderno consiste nel fatto che non esistono più maestri." Eppure, ci ostiniamo a credere che gli adulti siano naturalmente pronti a educare, come se bastasse l’età per essere una guida. No, anche gli adulti possono perdersi, hanno bisogno di essere rigenerati, di riscoprire un senso che possa ravvivare non solo la loro esistenza, ma anche quella dei giovani che cercano disperatamente risposte.
In che modo un adulto può ritrovare questo senso e trasmetterlo alle nuove generazioni?
Giancarlo Restivo: È necessario mostrarsi come testimonianza vivente di un’esistenza che vale la pena di essere vissuta. I giovani non vogliono parole vuote, prediche stanche. Chiedono con un'urgenza che fa male: "Perché dovrei lottare, studiare, soffrire, quando tutto sembra così facile nei media?" La risposta non può essere teorica; deve essere incarnata, vissuta. Sant’Agostino diceva, "La vita dei giusti è una predica continua." Un adulto deve poter dire: "Io vivo per qualcosa di grande, di vero. E tu?" Ma per farlo, deve prima riscoprire quella passione, quella forza che lo rende credibile. Altrimenti, come può trasmettere qualcosa? Deve essere rigenerato, toccato da ciò che rende positiva la vita. Senza questa fioritura, non può esserci ipotesi di speranza.
Sembra che oggi molti adulti si limitino a giustificare i comportamenti sbagliati dei giovani, come se fossero inevitabili. Qual è la sua opinione?
Giancarlo Restivo: È vero, molti adulti, anziché tendere come giudizio a far riconoscere ciò che è buono e vero, si sono ridotti a compiacere i giovani, a giustificare i loro vizi come se fossero tappe inevitabili. "Anch’io da giovane ho sbagliato," dicono, quasi con orgoglio, come se il passato potesse legittimare il presente. Ma questo non è altro che un tradimento. Come ribadiva il cardinale Newman, "La verità ha un solo volto e, quando lo perdiamo, siamo perduti." Il vero senso della vita non può essere ridotto al semplice piacere o alla soddisfazione immediata. Questo ci porta solo verso un abisso, un vuoto che fa eco dentro di noi, che non è un vuoto sterile, ma un pieno di desiderio inappagato, un grido soffocato di vita, di virtù, di qualcosa di più grande.
Come possiamo allora trasmettere qualcosa di autentico e significativo ai giovani?
Giancarlo Restivo: Non possiamo parlare di "valori" in modo astratto, come se fossero concetti vuoti. I valori devono diventare carne, devono essere vissuti e mostrati nella loro bellezza. Giovanni Paolo II in questo ci ha confidato, "La verità non è solo qualcosa che si conosce, ma una realtà che si vive." E per farlo, non basta un singolo individuo; serve una comunità intera, un villaggio, un popolo che viva un’idea di vita autentica e la offra ai giovani come una strada concreta da percorrere. È in questa comunità che i giovani possono vedere, toccare con mano, che quella vita che vedono nei media è solo un’illusione, una trappola. Solo un popolo unito, che vive autenticamente, può rispondere al grido di aiuto di nuove generazioni.
Qual è il passo successivo per costruire questa comunità educativa di cui parlate?
Giancarlo Restivo: La vera domanda, quella che ci lacera, è: "Cosa educa il nostro popolo oggi? Chi stiamo seguendo come guida?" Abbiamo bisogno di buoni maestri, magari che non siano avvelenati dal protagonismo. Come diceva Charles Péguy, "Il vero maestro non è colui che ti dà le risposte, ma colui che ti insegna a interrogarti." Dobbiamo cercarli, riconoscerli dai frutti che portano. I veri maestri non ci portano verso loro stessi ma verso una speranza che è più grande, anche di loro. Come ha detto il Papa, "Educare è sempre un atto di speranza che trasforma la logica sterile dell’indifferenza." I buoni maestri sono portatori di questa speranza, perché appartengono, come dicevo, a qualcosa di più grande, qualcosa di vero e autentico che può offrire ai giovani una strada di vita integrale, che salvi tutti noi dal nulla che ci circonda.