Sono voci che rimbalzano dalle valli del cuore e da quelle della memoria gli “Echi” di Gianni Massimo Balloni, autore della silloge pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore. «Io credo che la poesia, ogni poesia, possa definirsi come una sensibilità che non voglia morire; ecco, nel nostro cammino incrociamo molti attimi di sensibilità che si accartocciano dentro di noi; a volte riemergono improvvisamente, altre volte li andiamo a cercare». “Echi” è frutto di sovrapposizioni di immagini, una sintesi irregolare di visioni, storie, sogni, sentimenti che tendono al sincretismo finale di sonorità e unicità visive interiori. Inquietudine è la parola chiave, la lunga ombra presente dietro i versi. «Ogni argomento legato al senso ed agli accadimenti del nostro transito terrestre, che attiri la nostra attenzione, può in seguito portare ad una lirica - spiega l’autore, avvocato di professione, nato a Nereto (Teramo) ma che risiede a San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno) -. Ogni poesia emerge dalle nostre azioni e dalla percezione della realtà, così come da atmosfere oniriche. Le sillogi si scrivono per cristallizzare le sensibilità in cui si è imbattuti».
«Colpisce la struttura metrica di questi testi di Gianni Balloni - scrive, nella Prefazione, Alessandro Quasimodo, autore, poeta e regista, figlio del Premio Nobel Salvatore Quasimodo - perché tutti sono composti da quattro quartine a rime alternate. Prevale il settenario che imprime un ritmo particolare alle liriche, grazie alla libertà degli accenti secondari all’interno del verso. Si crea uno stato d’animo che prevede non solo emozioni, ma anche recupero della memoria. È possibile rivivere istanti trascorsi, ritrovare una sorta di filo di Arianna che aiuta a capire meglio il presente». I ricordi, infatti, formano l’identità personale e condizionano l’atteggiamento nel presente, anche se in maniera inconscia o celata. «La stessa psicologia parla dei ricordi come espressioni della memoria, memoria quale capacità di un organismo vivente di conservare tracce della propria esperienza passata e di servirsene per relazionarsi al mondo e agli eventi futuri. I ricordi sono gli incroci per la strada verso il nostro futuro che, in realtà, ci attende pazientemente».
Nei versi vengono trattati diversi argomenti drammatici, avvenimenti tragici, comunitari o individuali, ma dalla poesia, armoniosa e musicale, può nascere tanta bellezza. «Ovviamente - aggiunge Balloni - questo dipende dalla capacità espressiva dell’artista, ma l’amore, la passione, il disagio, la lotta, il dramma, la tragedia, il lutto, seppure nelle forme più svariate e diverse, sono presenti e comprensibili nell’esperienza individuale di ognuno. E poi il tremendo fa parte della bellezza, per parafrasare Nietzsche». Ciò che emerge nelle liriche è frutto di stati d’animo, altrimenti sarebbe solo un asettico gioco di parole. «Si esprime principalmente ciò che le emozioni ci suggeriscono, ma le emozioni vanno padroneggiate e intarsiate dai lemmi. Poi, sono talmente tanti i colori delle emozioni che queste possono essere manifestate e rappresentate in molte sfumature più o meno occulte o, per meglio dire, occultate».
Nella scrittura s’intrecciano realtà e fantasia, in una misura che dovrebbe essere senza tempo, quasi metafisica. «Lo scrittore, il poeta in particolare, non è limitato alla narrazione, sebbene romanzata, di una cronaca, ma si spinge alla rappresentazione di un anelito tratto da un “fatto”, circostanza che può essere reale, immaginaria, psichica, interiore e mistica». E il lettore è accompagnato in questo viaggio lungo prove ed esperienze che ne formano la coscienza. Ciò che Gianni Massimo Balloni vuole trasmettere con la sua opera è proprio questo “nostos”, che in greco significa “viaggio”, ma anche “nostalgia”, quindi dolore, mancanza, ricerca, desiderio del ritorno, senso dell’esilio. «Vaghiamo come Ulisse in cerca di approdo. Mi auguro che qualche lettore nei miei versi vi possa cogliere una piccola ispirazione per riflettere sul proprio viaggio e possibile approdo».