“Ognuno di noi è in continuo travaglio per partorire se stesso”. E’ attraverso la poesia che Sabrina Conidi vuole lasciarsi alle spalle il superfluo e concentrarsi su una continua ricerca interiore, mirando all’essenziale, senza essere ampollosi. L’opera “Zero Rime” è la sua prima silloge, pubblicata nella collana “I Diamanti della Poesia” dell’Aletti editore. «Il significato del titolo - spiega l’autrice calabrese che vive a Pizzo Calabro (in provincia di Vibo Valentia) - è quello di far assomigliare tra loro componimenti diversi per argomento; in questo modo, anche per la mancanza di qualcosa, le mie liriche hanno un punto in comune». Sabrina si guarda dentro, scruta sempre se stessa, anche quando faceva troppo male. «Prima o poi bisogna guardarsi allo specchio e chiederci “cosa non ci piace di ciò che vediamo”, e magari accettarci, nonostante tutto».
Nei versi emerge il potere dei sogni, quel vuoto interiore difficile o, forse, impossibile, da colmare; quelle sofferenze da cui si prova ad imparare, per evitare che siano del tutto inutili. «Nei miei scritti - racconta Sabrina - ho provato ad esternare emozioni per troppo tempo celate, che sotterrai forse per proteggerle dalle difficoltà della vita. Inoltre, la voglia di appassionarmi ed innamorarmi, e il fuoco interiore che mi tiene in vita». Nella scrittura, in cui un’analisi introspettiva si intreccia con la realtà, sono presenti metafore, similitudini e molte allitterazioni; le onomatopee richiamano, invece, un linguaggio quasi infantile, per rendere più scorrevole e sonora la lettura. Versi che l’autrice vorrebbe rendere memorabili, d’effetto, anche solo per un lettore, da ripetere come un mantra (se ne avesse bisogno), mentre torna a casa, oppure pulisce casa o parla con i figli.
«Il testo - scrive, nella Prefazione, Alessandro Quasimodo, attore, regista e poeta, figlio del Premio Nobel Salvatore Quasimodo - si basa su di un’indagine introspettiva che mette in primo piano la capacità di non farsi distrarre da vani obiettivi e pregiudizi inculcati da tempo. Il ritmo della lirica è scandito da verbi di modo infinito che suggeriscono come l’esperienza descritta sia comune agli esseri umani. Non troviamo, se non nell’epilogo, un io, un tu espressi, ma una condizione generalizzata (cercare, rimontare, supplicare)».
E in questa indagine introspettiva, così come nel suo percorso di crescita, un ruolo decisivo spetta proprio alla poesia e alla scrittura, che Sabrina considera «le sue migliori amiche». «Mi hanno permesso di sfogarmi ed esprimermi come non facevo da tempo. Ai lettori vorrei trasmettere leggerezza e sensibilità, ironia e profondità, e in ultimo la voglia di rivalsa e di viaggiare con la fantasia».