COSA E’ QUESTA GLOBALIZZAZIONE? Sino a non più di quaranta anni fa il mondo si presentava come un coacervo di economie nazionali sostanzialmente autosufficienti sia per le limitazioni dovute ai vincoli connessi al fattore distanza, sia per le politiche dei singoli Stati, generalmente improntate ad un protezionismo volto alla difesa delle produzioni nazionali che dominavano il mercato all’interno dei singoli Paesi. Era insomma il trionfo del “fatto in casa”, del “Made in Italy” e del “Made in Arezzo”, sia pure con l’ausilio indispensabile delle materie prime che arrivavano molto spesso da altri Paesi.
Nel giro di poco meno di mezzo secolo la situazione è completamente cambiata, i prodotti usati e consumati quotidianamente, così come tutti i semilavorati che entrano a far parte del processo produttivo, entrano simultaneamente in ogni casa grazie ai mezzi di informazione. Si è delineato così il VILLAGGIO GLOBALE per il quale ogni singolo contesto territoriale, anche quello alla piccola scala locale, si configura come “sistema aperto” più o meno profondamente interrelato con realtà fisicamente anche molto distanti e più o meno rigidamente legato a doppio filo a cambiamenti e modificazioni congiunturali sopravvenute in tali realtà. È il SISTEMA MONDO teorizzato già nel lontano 1978 dall’economista Immanuel Wallerstein, ossia la nuova scala planetaria nei confronti della quale è d’obbligo misurarsi se si vuol comprendere pienamente la dinamica odierna delle relazioni economiche, sociali e territoriali.
L’interdipendenza reciproca tra le varie regioni mondiali si manifesta a livelli differenti (industriale, commerciale, culturale etc.), ognuno con le proprie specificità ma mantenendo l’elemento comune di una profonda differenziazione tra regioni forti e ‘centrali’ e regioni deboli o ‘periferiche’ nella quale le prime costituiscono i poli di diffusione e di controllo delle singole dinamiche, mentre le seconde tendono a subire in maniera passiva ed adattiva le decisioni adottate a livello centrale.
Tale suddivisione sembrerebbe riprodurre in forme molto simili il tradizionale modello dualistico centro – periferia un tempo dominante; anche in un momdo parcellizzato come era quello esistente fino a qualche decennio addietro, infatti, esisteva un modello di relazioni mondiali che manteneva come suoi capisaldi l’esistenza di un’area forte (il “core” del sistema secondo la terminologia anglosassone) costituita dai Paesi europei più industrializzati (Gb, Francia, Germania, Belgio) e da un’area periferica (il resto del mondo compresi i Paesi europei più marginali che costituivano il cosiddetto “ring” (anello) del sistema). Il sistema si muoveva secondo un semplice meccanismo per il quale il centro assorbiva materie prime e prodotti alimentari dalla periferia rimandando indietro manufatti, capitali, tecnologie etc. Si sviluppava così un chiaro rapporto di dominanza – dipendenza economica, politica e culturale fondata sul COLONIALISMO.
Nel corso del tempo tale modello ha subìto numerose variazioni dovute da un lato all’estrema eterogeneità delle regioni ‘periferiche’ che hanno conosciuto percorsi di sviluppo complessi e differenziati; e, dall’altro, dalla volontà del CAPITALISMO di affermarsi in maniera sempre più omnicomprensiva anche in regioni lontanissime da quelle di partenza. Il Dopoguerra, dal 1946, ha visto poi l’emergere di una realtà articolata in maniera nuova con l’affermazione degli Usa e del Giappone come nuovi centri del capitalismo mondiale accanto ed in misura superiore alla Vecchia Europa, l’aggregarsi degli Stati che seguivano il modello socialista attorno ai blocchi sovietico e cinese ed il frammentarsi delle regioni coloniali in una moltitudine di stati che reclamavano e conquistavano la propria indipendenza tra sfere d’influenza delle due ‘superpotenze’ e autonome dinamiche politiche ed economiche all’interno del movimento dei “Paesi non allineati”, seguendo Nehru o Tito.
Dopo la Caduta del Muro di Berlino nel 1989, Internet viene derubricato da tecnologia militare a civile (tanto gli Usa hanno già pronte le Star Wars), il progressivo sfaldamento dei paesi ad economia pianificata e comunista ed il diffondersi di un capitalismo industriale profondamente mutato nelle sue strutture a partire dagli Anni Settanta hanno modificato ancora una volta il panorama complessivo: accanto al permanere di condizioni di dipendenza economica che ha sostituito la politica (neocolonialismo economico), attraverso una analisi più accurata si può verificare l’esistenza di forme più complesse di interrelazioni e scambi a scale diverse che disegnano una nuova geografia di tipo RETICOLARE internettiano in cui le singole regioni, fatte salve alcune regolarità di fondo, occupano posizioni variabili a seconda delle reciproche specializzazioni: ci sono insomma più centri e periferie non solo in senso, quantitativo, ma anche qualitativo.
Secondo l’aspetto economico, il nodo di fondo di questa situazione è l’affermazione di una nuova divisione del lavoro su scala internazionale conseguenza di una serie di processi di innovazione tecnologica e di ristrutturazione della organizzazione aziendale necessari per rispondere in maniera efficace alle sfide del mercato mondiale. Tra gli elementi caratteristici di questo processo: una progressiva frammentazione all’interno dei processi produttivi, un ampliamento continuo dei mercati di lavoro e di consumo, il miglioramento tecnologico sia nei processi produttivi sia nelle tecniche di trasporto e tele comunicazione.
CONCLUSIONE: il nuovo ordine mondiale richiesto dalla globalizzazione dell’economia non può prescindere da uno sviluppo economico come presupposto dello sviluppo umano. Quale politica globale dovrebbe essere intrapresa all’interno della nuova situazione di interdipendenza per fronteggiare i tanti problemi che investono quel grande e intercomunicante villaggio che è oggi il mondo ? Fra le conseguenze della Globalizzazione: 1) Le maggiori aziende non scelgono più i loro siti fra quelli di un solo paese; non esiste più grande corrispondenza fra la scala del processo decisionale economico – localizzativo e la scala geografica alla quale i Governi possono esercitare il loro potere fiscale. 2) Le crisi nazionali superano per importanza quelle regionali. Il costo delle sovvenzioni fa crescere la spesa pubblica e produce un ambiente macroeconomico non gradito al capitale globale. 3) Non sono le regioni che interagiscono, ma sono i rapporti sociali di produzione che avvengono nello spazio. La globalizzazione con trasferimento dei poteri di controllo sulle economie locali a enti sempre più lontani e con la distruzione di alcune economie regional – settoriali consolidate rappresenta un incentivo alla Contro – mobilitazione regionale.
Ciò in parte spiega il separatismo negazionista mentre le crescenti disparità economiche all’interno di uno stato provocano conflitti etnici. La Democrazia Economica diventa così il tentativo di portare la democrazia nella sfera economica in generale e sul posto di lavoro in particolare. Dai “piani di proprietà azionaria per i dipendenti” (Esop) già proposta da Fanfani, alla cogestione che attribuisce al personale alcuni posti nel Consiglio di Amministrazione delle imprese stavolta multinazionali. La democrazia economica può essere l’alternativa al capitalismo d’impresa ed alla pianificazione, può redistribuire le risorse verso i bisogni di base dei poveri.
La possibilità che sia il Popolo ad assumere il controllo delle sue attività economiche ed a sfruttarle nel proprio interesse è utopia? Per superare i problemi attuali –crisi dell’ indebitamento, rallentamento della crescita degli scambi mondiali, mancanza di sintonia fra produzione globale e consumo globale- e limitare l’ideologia NEOLIBERISTA che guida BANCA MONDIALE (BM) e FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE (FMI) occorre democrazia economica ma avete visto come è stata ridotta la Grecia in cui la democrazia politica è nata …
Se non c’è riequilibrio delle configurazioni globali della produzione e dei consumi e più vasta diffusione geografica dei benefici della globalizzazione, la gente prenderà in mano il proprio destino e irreversibile sarà la tendenza al decentramento del potere, quanto sarà finalmente terminata questa maledetta “terza guerra mondiale a pezzi” frutto del nuovo disordine mondiale spacciato per restaurazione del mondo dai liberals di Wall Street. Occorre un nuovo ordone internazionale che superi le profonde diseguaglianze su cui si basano attualmente gli scambi commerciali. In particolare per il sottosviluppo necessita affermare come prioritario il diritto di ogni popolo a nutrirsi da sé e al pieno raggiungimento dell’autosufficienza alimentare. Le multinazionali controllano il processo produttivo e distributivo di quasi il 40% dei prodotti agricoli del pianeta !!!! Quali nuove abilità dobbiamo richiedere ai nostri politici locali dopo la globalizzazione ??? Saper comprendere l’interdipendenza dell’intera economia mondiale e delle sue componenti geografiche. Educare la gente alla ricerca di possibili impostazioni di relazioni commerciali più eque. Riconoscere l’importanza di una politica globale che, all’interno della nuova situazione di interdipendenza, fronteggi i tanti problemi che investono quel grande ed intercomunicante villaggio che è oggi il mondo. Tentare soluzioni. Riconoscere l’importanza globale della democrazia dei diritti umani per lo sviluppo economico ed umano del mondo. Valorizzare i percorsi di impegno sociale a favore di una cultura di solidarietà nella convivenza nazionale ed internazionale. Esaminare e riflettere su potenzialità e rischi della comunicazione globale. Riconoscere le interazioni fra locale e globale a partire dalla struttura produttiva del territorio aretino. Teorizzare ed interiorizzare la necessità di un modello di democrazia economica capace di coniugare sviluppo tecnologico, umano ed ambientale. Identificare le configurazioni salienti dei paesaggi economici mondiali. Tracciare e classificare le grandi linee dei rapporti fra organizzazione economica e trasformazione dello spazio geografico identificando le principali caratteristiche dei paesaggi economici del mondo contemporaneo nei loro tipi dominanti e ricorrenti, per cercare sbocchi alle eccellenze aretine orafe, tessili, agroalimentari etc.. Comunicare con le istituzioni internazionali per dire il proprio punto di vista sul processo di globalizzazione economica confrontando l’ideologia liberista del Nuovo Ordine Mondiale che promette pace e crescente prosperità con “il mondo fuori controllo” (brezinski) della realtà. Descrivere le modificazioni territoriali introdotte dall’uso di nuove tecnologie e dalle 3 rivoluzioni industriali della cultura occidentale. Infine sviluppo di capacità critiche, responsabilizzazione civile, acquisizione del senso di solidarietà internazionale fra la gente, assieme ad incremento di capacità di orientamento e di autoaggiornamento sui fenomeni relativi alla globalizzazione, per poterne seguire autonomamente l’evoluzione da ‘cittadini del mondo’. Come Arezzo sopravviverà alla globalizzazione? Il Comune aretino è una repubblica fondata sul lavoro, grazie al lavoro diventa grande e potente, il Ciclo dei Mesi sul portone centrale della Pieve ci ricorda che il futuro ha radici antiche, che Arezzo è diventata grande e famosa grazie a quell’idea di lavoro giudaico-cristiana che ha educato anche il resto dell’ Europa al suo nascere. Come vive, allora, Arezzo lo “sconquasso generale” del nuovo millennio? Cercando di coniugare tradizione e innovazione, Made in Arezzo & glocal e global style, ma anche perpetuando le piccole, inutili liti di vicinato con le altre città etrusche che la circondano. Il Ciclo dei Mesi sul portone centrale della Pieve ci ricorda che il futuro ha radici antiche, che Arezzo è diventata grande e famosa grazie a quell’idea di lavoro giudaico-cristiana che ha educato anche il resto dell’ Europa al suo nascere e che la nostra città tornerà di nuovo grande solo riscoprendo le sue radici e lanciandole nell’agone globalizzato, come già avviene con Monnalisa, Prosperine e le altre piccole grandi aziende aretine.
Luca Tognaccinii