Così il Prof. Mauro Picardo, della Unicamillus International University e Coordinatore della Task Force per la vitiligine della SIDeMaST, la Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse, che spiega: “La comunità internazionale sta facendo del suo meglio per trattare i pazienti affetti da quella che per anni è stata considerata una non-malattia e la mobilitazione per trovare nuove cure sarà sempre maggiore. La SIDeMaST ha dato quindi origine ad una task force che punterà anche alla creazione di un registro per acquisire sempre più dati che ci permetteranno di rivedere anche le linee guida ad oggi inesistenti. Così potremo confrontarci con gruppi di studio a livello internazionale, incrementeremo le sperimentazioni e il follow-up e aumenteremo il livello di conoscenza della patologia e quindi le prospettive terapeutiche”.
Negli ultimi anni l’attenzione verso la vitiligine è molto cresciuta grazie agli studi che hanno portato ad una migliore comprensione della fisiopatologia nonché allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche. La vitiligine infatti è la terza grande patologia cutanea infiammatoria in termini di diffusione assieme alla psoriasi e alla dermatite atopica. Viene definita un disordine acquisito cronico della pigmentazione caratterizzato da chiazze bianche che più frequentemente si presentano intorno a bocca e occhi, sul collo, mani e pieghe cutanee, ma che possono comparire in ogni area del corpo. È una malattia poligenica non contagiosa, dalla patogenesi complessa perché associa difetti cutanei intrinseci, fattori scatenanti che vengono definiti l’esposoma - vale a dire la totalità degli stimoli, ambientali e non, a cui un individuo è sottoposto - e l’attivazione autoimmune che porta alla perdita di melanociti. Questi ultimi, infatti, sono distrutti dall’attacco che l’organismo rivolge contro se stesso.
La malattia esordisce in modo subdolo, veloce e silenzioso in genere prima dei 30 anni, non lancia segnali e quando si manifesta, spesso è tardi per arrestarla. Ecco perché la diagnosi precoce è fondamentale per bloccarne la progressione e “rasserenare” l’ambiente cutaneo, cioè bloccare il processo infiammatorio, così da facilitare la ricomparsa dei melanociti. Alla vitiligine sono spesso associate comorbidità come problemi di tiroide, diabete, alopecia aerata, anemia perniciosa e sindrome metabolica. L’impatto psicologico sulla qualità della vita è molto elevato e può indurre anche un forte stato depressivo nel paziente.
La sua prevalenza è stimata tra lo 0,5% e il 2% della popolazione generale e in alcune aree geografiche come in regioni dell’India, la percentuale può arrivare fino all’8%, probabilmente a causa di matrimoni tra consanguinei o a fattori ambientali. In Italia i numeri si attestano intorno all’1 %. Una storia familiare si riscontra nel 25-30% dei pazienti ed è in genere associata a una comparsa più precoce delle manifestazioni. Questo particolare sottolinea il substrato genetico della malattia, che non equivale alla sua trasmissibiltà ma soltanto alla predisposizione ad un eventuale sviluppo. Per la comparasa delle manifestazioni giocano un ruolo importante anche i fattori ambientali (20% circa), tra i quali l’inquinamento, stress fisici, ambientali e psicosociali che sono coinvolti anche nella progressione della manifestazioni.
Le terapie a disposizione dei pazienti fino ad oggi si basano sulla fototerapia, considerata la terapia di riferimento, che può essere associata a cortisonici topici o sistemici. Una alterantiva a questi ultimi sono gli inibitori della calcineurina, farmaci indicati per il trattamento della dermatite atopica, che svolgono un ruolo di immuno-modulatori topici: ”Finalmente – continua il Prof. Picardo - si dispone di nuovi farmaci conosciuti come JAK inibitori (Janus Kinasi inibitori), alcuni già disponibili negli USA. Si tratta di molecole che sono state studiate specificamente per la vitiligine, alcune per il trattamento sistemico ed una per via topica approvata dalla FDA americana e che ha avuto di recente il via libera dalla CHMP dell’ EMA”. La terapia ha già dimostrato una efficacia significativa: “La percentuale di ri-pigmentazione – spiega il Prof. Picardo – va dal 30 sino al 70-90% in una percentuale significativa di pazienti trattati, ma la rigenerazione cellulare è estremamente soggettiva. Basti pensare al meccanismo di imbiancamento dei capelli che varia da persona a persona. La terapia topica è stata valutata positvamente dal CHMP per una vitiligine non superiore al 10% della superficie corporea che coinvolga anche il viso; questa parte del corpo, infatti, è quella che risponde meglio alla terapia”.
La sperimentazione non ha previsto per il momento l’associazione con la fototerapia perché l’obiettivo è stato verificare l’efficacia della molecola in sé, prosegue l’esperto, ma questo non esclude in futuro la possibilità dell’abbinamento delle due cose: “Gli studi – conclude l’esperto - hanno dimostrato anche che più tempo dura la terapia, maggiore è la risposta del paziente. Occorrono dai 4-6 mesi ad un anno per vedere risultati soddisfacenti.I dati presentati all’ultimo Congresso dell’American Academy of Dermatology hanno dimostrato un ulteriore miglioramento in pazienti che hanno continuato il trattamento per due anni, sempre in assenza di abbinamento ai raggi ultravioletti. Ma per favorire la rigenerazione cellulare è fondamentale spegnere i processi infiammatori della chiazza e delle zone limitrofe”.
Dalla SIDeMaST arrivano anche indicazioni per i pazienti:
1. Rivolgersi subito al dermatologo appena compaiono le chiazze bianche perché se correttamente impostata, una terapia precoce della vitiligine ha buone probabilità di arrestarne l’evoluzione. Ai suoi esordi, infatti, si può intervenire anche con i farmaci attualmente in commercio - i corticosteroidi orali - che nella maggior parte dei casi ne arrestano lo sviluppo;
2. Assumere uno stile di vita salutare, perché anche la vitiligine, come altre malattie infiammatorie è spesso associata alla sindrome metabolica;
3. Smettere di fumare;
4. Evitare squilibri alimentari che possano aggravare la situazione metabolica. Senza un buon metabolismo non si può immaginare una buona rigenerazione cellulare;
5. Assumere molta frutta e verdura contenente antiossidanti; lo stress ossidativo favorisce la scomparsa dei melanociti. Gli antiossidanti aiutano a diminuire la diffusione della manifestazione o a migliorare la risposta ai trattamenti. Preferire frutta e verdura agli integratori perché l’organismo utilizza meglio gli antiossidanti se assunti con gli alimenti;
6. In caso di familiarità, disinfettare le piccole lesioni e trattarle subito con cortisonici per evitare la comparsa di macchie bianche;
7. Sempre in caso di familiarità, evitare che i ragazzi pratichino sport violenti o di contatto. Invece di calcio e boxe preferire nuoto o tennis, per evitare traumi frequenti;
8. mantenere la pelle morbida e ben idratata riduce la possibilità di fenomeni infiammatori cutanei e diminuisce la possibilità di comparsa di chiazze bianche, aumentando l’effetto barriera della cute.
Ufficio Stampa SICS