Assistiamo all'ultimo atto di una vicenda incredibile iniziata oltre quarant'anni fa. Una vicenda che parla di caparbietà, speranze, delusioni, successi, grande inventiva e «fede nelle idee».
Questo sistema doveva essere economico ed efficiente in
modo da consentire l'esplorazione dello spazio anche a piccoli Stati, gruppi
industriali privati o enti di dimensioni molto inferiori ai grandi consorzi
internazionali.
Promotore dell'iniziativa fu un giovane fisico romano, Emidio
Laureti, tuttora presidente dell'ASPS.
Inoltre, per consentire uno scambio
di idee anche con altri al di fuori della associazione, si decise di dare
vita ad un periodico trimestrale, Nova Astronautica (ISSN: 0393-1005), organo
ufficiale dell'associazione e che fatalmente ha finito col diventare una
sorta di collezione di idee che spaziano anche fuori dallo stretto ambito dei
crudi concetti fisici di interesse per l'ASPS.
Tale periodico, riservato a
soci e abbonati, è consultabile presso la biblioteca Nazionale Centrale di
Roma, di Firenze e del CNR.
Dopo un periodo di circa due anni trascorsi a
raccogliere documentazione e concetti fisici cosiddetti «eretici», iniziò nel
1981 la sperimentazione vera e propria.
Lo scopo dei ricercatori dell'ASPS
era di mettere a punto un motore che desse una spinta in una direzione senza
espellere massa o energia di reazione nella direzione opposta, condizione
questa assolutamente indispensabile se si volevano superare le inefficienze e
gli alti costi tipici dei razzi.
Questo era ritenuto assolutamente
impossibile da quanto sino ad allora conosciuto.
In realtà ci si accorse
presto che nella fisica classica si nascondevano molte pieghe o fenomeni mai esplorati a fondo e che avrebbero potuto consentire di dare spinta in una
direzione in maniera non prevista dalle classiche equazioni di Newton.
Fu
deciso di battezzare questa scoperta con l'acronimo di PNN (Propulsione Non Newtoniana) proprio per evidenziare lo scostamento rispetto ai
concetti classicamente definiti di forza, energia cinetica, quantità di moto,
ecc.
Già di per sé questo fatto potrebbe essere considerato rivoluzionario,
ma la sola definizione matematica e concettuale non era sufficiente agli
studiosi dell'ASPS che miravano ad ottenere una dimostrazione sperimentale di
quanto trovato in teoria.
Purtroppo una sperimentazione con prototipi
meccanici richiedeva costi relativamente elevati per le modeste casse dell'associazione, che procedeva solo con le quote sociali e l'autotassazione
dei propri membri, e quindi le cose sono andate piuttosto a
rilento.
All'inizio degli anni '90 si pensò più opportuno e conveniente
abbandonare la realizzazione di prototipi meccanici e si rivolse lo sguardo
verso l'elettromagnetismo, campo ancora più promettente della
meccanica.
Finalmente, nel 1996 si intravide la possibilità di realizzare
concretamente il tanto ricercato prototipo.
E così, dopo una lunga serie
di esperimenti e messe a punto, il 3 Maggio del 2005, presso l'hotel Sheraton
di Roma, fu organizzata una manifestazione pubblica alla presenza di
varie autorità dell'Aeronautica Militare, dell'Agenzia Spaziale Italiana,
della Boeing e di rappresentanti della stampa e di televisioni
locali.
Dopo una breve presentazione dell'ASPS e dei suoi obbiettivi,
effettuata dal vicepresidente dell'associazione, dottor Massimo Ceccarelli,
Laureti ha effettuato una serie di esperimenti con un piccolo prototipo
appeso ad un pendolo balistico e ha mostrato ai presenti il risultato di
venticinque anni di lavoro.
Il prototipo generava una spinta in una
direzione senza espellere nulla nella direzione opposta!
Questo motore,
dal funzionamento elettromagnetico, senza parti in movimento, di bassissimo
costo generava una spinta di circa 200 mg alimentandolo con un generatore a
radio frequenza di 433 Mhz avente una potenza di uscita di circa 40
W.
Possono sembrare valori modesti, ma se confrontiamo questi dati con i
valori tipici dei motori a ioni della NASA, scopriamo che sono
assolutamente paragonabili.
Anzi, i motori a ioni (costati svariati
milioni di dollari) hanno comunque una vita operativa che dipende dalla quantità di combustibile immagazzinato nel serbatoio.
Il motore a PNNE
(PNN Elettromagnetica) funziona finché c'è energia elettrica ad alimentarlo,
energia che può essere di origine solare o ottenuta da un piccolo generatore
nucleare, di quelli già da tempo utilizzati in campo spaziale.
Da allora, (siamo ormai nel 2023) il prototipo è stato potenziato di circa un fattore quaranta, superando quindi
di gran lunga il rendimento dei motori a ioni, mantenendo costi notevolmente
più bassi.
La cosa veramente strana di tutta questa faccenda è che,
paradossalmente, i grandi assenti di quella manifestazione sono stati proprio
gli accademici (soprattutto fisici) che pur ripetutamente invitati, hanno
fatto sapere di non poter presenziare alla dimostrazione poiché, trattandosi
di baggianate, non volevano che la loro presenza fosse scambiata per una
sorta di legittimazione di idee «eretiche» destinate a sgonfiarsi da
sole.
Per tradurre in termini pratici: «se fossero cose serie noi lo sapremmo
già e pertanto non possiamo danneggiare la nostra immagine partecipando a
queste sciocchezze. Se invece, (Dio non voglia!) dovessero risultare idee
valide, di avanguardia, noi avremmo dovuto già saperlo, per cui anche questa
ipotesi si risolverebbe in un inevitabile dànno per il nostro status-quo.
Meglio far finta di niente e sperare che non accada nulla».
Fortunatamente per loro in Italia questa è la regola prima: non fare nulla.
I vari enti statali
presenti hanno fatto sapere che, pur essendo il tutto estremamente
interessante, (bravi, complimenti per il vostro lavoro, ecc.) vorrebbero
conoscere molti più dettagli prima di impegnare soldi pubblici in qualcosa di
così insolito e contro tendente.
Traduzione: «Se aprite la scatola e ci fate
vedere cosa c'è dentro, una stretta di mano e una pacca sulla spalla non ve
la leva nessuno».
E bravi i nuovi Meucci!
All'opposto, le numerose
industrie aerospaziali italiane contattate nei mesi e negli anni precedenti
al 2005, (vanto e fiore all'occhiello della ricerca industriale italiana),
hanno sempre contestato che, se veramente questa tecnologia della PNN dovesse
decollare, alle varie industrie del settore verrebbero RIDOTTI GLI STANZIAMENTI che già hanno, essendo la PNN sostanzialmente una tecnologia
«povera» se paragonata a ciò che già esiste.
Le industrie quindi non hanno
nulla da guadagnare a sviluppare ciò che potrebbe risolversi in un danno per
loro.
Peggio che mai se poi, un piccolo Paese come l'Italia, pretendesse
di sviluppare politiche spaziali proprie.
No, meglio girarsi dall'altra
parte e magari aspettare che i Cinesi o altri per loro, fiutino la questione
e impongano poi le loro politiche.
Potremmo sempre in seguito chiedere un
aumento degli stanziamenti per recuperare il gap tecnologico con i
concorrenti esteri.
Magari potremmo fare degli accordi con loro e ricomprare
all'estero idee che erano le nostre.
In Italia, durante tutto il ventesimo
secolo, è stato sempre così.
Andrà benone anche per il
ventunesimo.
p. s.