La questione
ambientale è uno degli argomenti più attuali, sempre più centrale per la
sopravvivenza del nostro pianeta,
che da un po' di tempo a questa parte subisce alcune situazioni che potrebbero
complicare la sua “salute”. Una di
queste è l’aumento vertiginoso della
plastica, un problema che in Italia si è provato a risolvere con un
espediente preciso, che si può riscontrare nelle shopper
biodegradabili, o sacchetti biodegradabili. Le associazioni hanno
incominciato ad occuparsi della questione nel momento in cui la plastica ha
letteralmente invaso il globo, in particolare ambienti naturali come il mare, e per allinearsi con la Comunità Europea si è deciso di vietare
la distribuzione di buste di plastica all’interno dei supermercati, puntando
invece sulle suddette shopper
biodegradabili, anche se l’ammontare della plastica nel nostro paese è
ancora, purtroppo, consistente.
Ma cosa sono nello specifico queste buste biodegradabili? Si
tratta di sacchetti composti da materiale
biodegradabile ed ecosostenibile, come amido di patate, mais, tapioca o
grano, sostanze che possono quindi essere scomposte negli elementi di cui sono
costituite, ed è proprio per questo che possono essere riutilizzate in natura. La prima shopper bio è stata realizzata
da un ingegnere svedese nel 1965, e
inizialmente era utilizzata in pochi supermercati; successivamente, essa
conobbe una diffusione di larga portata, anche grazie agli Stati Uniti, che
riconobbero la plastica come minaccia planetaria intorno al 2011. La funzione
di queste buste non è solo quella di evitare la produzione di plastica, infatti
possiamo utilizzarle tranquillamente per fare la raccolta differenziata in casa, e ciò è possibile per mezzo dei
materiali ecosostenibili, che non sono soltanto a base di amido, ma anche ad
esempio legno, polivinilalcol o acido lattico. Difendere l’ambiente è un
obiettivo che dobbiamo porci sempre più, per dare alle generazioni future un
pianeta pulito e sgombro da inconvenienti legati all’inquinamento.
Plastica Biodegradabile, Compostabile e Bioplastica: la confusione sui termini
Vediamo di risolvere la confusione sul significato dei termini: i sacchetti biodegradabili sono quelli che si decompongono e si frantumano in milioni di pezzi molto piccoli, che l’occhio umano non è in grado di vedere; questa sorta di polvere però rimane nell’ambiente per un periodo lunghissimo, anche decenni, e quindi non si degrada.
I sacchetti compostabili sono invece quelli che si ricavano da materiali esclusivamente vegetali, come il Mater-Bi, ossia un derivato del mais, e sono quindi facilmente smaltibili, con ridottissimo impatto sull’ambiente. Se parliamo di bioplastica invece, ci riferiamo a elementi che vengono ricavati da materiali di origine biologica, come la biomassa, che ad esempio può essere carta oppure legno, ma che non hanno costituenti fossili quali petrolio o carbone. Con il termine biodegradabile ci si riferisce a un materiale che si può degradare con batteri o funghi in acqua, o ad esempio in aria. Il punto è che una bioplastica può tranquillamente essere biodegradabile, ma anche non esserlo al contempo stesso, in quanto ci sono tipologie che, per l’appunto, non lo sono. Riusciremo a risolvere il problema della plastica attraverso questi esperimenti? C’è la possibilità che ciò non avvenga, ma parliamo comunque di un miglioramento rispetto alla plastica originaria, ed è ciò che al momento possiamo fare. Siccome molti rifiuti plastici finiscono in mare, sarebbe utile continuare a progettare nuovi packaging, con composizioni innovative e in grado di ridurre al minimo l’inquinamento.