La provocatoria mossa di Putin contro l'occidente, ha segnato il primo momento in cui qualcuno all'interno del Cremlino gli ha dovuto dire la verità. L'idea di pretendere il pagamento del gas in rubli non è praticabile.
Gliel'hanno detto, ed è la prima volta che il dittatore russo si è trovato di fronte a un'opposizione interna. Che però ha avuto la meglio, tanto che Putin ha dovuto guadagnare tempo e trovare una via di uscita per non perdere la faccia.
La guerra e il pagamento del gas
Lo scorso 23 marzo, Vladimir Putin aveva annunciato agli europei che il pagamento del gas russo doveva essere regolato in Rubli. Solo a questa condizione, Gazprom avrebbe continuato a fornire il gas.
La mossa avrebbe dovuto ottenere l'effetto di risollevare la moneta Nazionale. Il rublo infatti era crollato di oltre il 40% dall'inizio della guerra, e continua ad essere sotto pressione come si può vedere sui siti opzioni binarie.
Il ricatto
In base all'ultimatum, se il pagamento del gas non fosse stato fatto in Rubli, Putin avrebbe ordinato la chiusura dei rubinetti.
La scadenza era stata confermata anche dal portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, appena due giorni fa. Tutto sembrava molto credibile, tanto che sia il prezzo del gas che la quotazione della valuta russa si erano impennati, come si evince dai dati dei Consob broker autorizzati.
Ma quella scadenza è passata e non ci sarà per il momento alcun blocco delle forniture di gas di quei Paesi dell’Unione Europea definiti «ostili».
Il dietrofront russo
Cosa è successo?
Anzitutto è successo che Putin ha avuto il secco "no" da tutte le capitali europee. Nessuno ha ceduto alla sua minaccia. Gli hanno detto che né le compagnie nazionali né i governi si sarebbero piegati al ricatto.
Ma ancora peggio, Putin ha ricevuto segnali interni molto chiari: la strada che voleva intraprendere è sbagliata. Glielo hanno detto il vicepremier Alexander Novak e la governatrice della banca centrale Elvira Nabiullina (che peraltro nei giorni scorsi ha tentato di dimettersi).
Entrambi gli hanno fatto capire che l’idea di obbligare gli europei al pagamento del gas in rubli non stava in piedi. Ne' dal punto di vista tecnico (non ci sono abbastanza rubli sui mercati internazionali), ne' sul piano giuridico (i contratti sono chiari). Senza considerare il flop politico del progetto.
Inoltre portare avanti la minaccia avrebbe creato un grosso danno a Gazprom. Bloccare l'estrazione non è possibile, perché provocherebbe un danno ai giacimenti. L'alternativa sarebbe estrarlo comunque, ma bruciarlo subito dopo. In pratica mandare in fumo la risorsa economica più grande della Russia.
Cosa accade adesso?
Da qui nasce il dietrofront "mascherato" con problemi tecnici: "Il processo richiede più tempo dal punto di vista tecnologico". In realtà è una scusa per non perdere la faccia.
I paesi europei potranno effettuare i pagamenti del gas in euro o dollari a Gazprombank, che è esente dalle sanzioni, e quest'ultima converte i fondi in valuta russa.
Adesso c'è da capire se e quando i ”problemi tecnici" si risolveranno e la minaccia di Mosca diventerà di nuovo d'attualità.