Women for Oncology Italy, da sempre a fianco delle donne per abbattere i muri delle differenze di genere, richiama il discorso di Virginia Magnaghi, Valeria Spacciante e Virginia Grossi: tre neodiplomate alla Scuola Normale di Pisa.
“Vorremmo provare a spiegare come mai quando guardiamo noi stessi o ci guardiamo intorno ci è difficile vivere questo momento di celebrazioni, senza condividere con voi alcune preoccupazioni”, hanno premesso le studentesse durante la cerimonia di consegna dei diplomi. Riflessioni che nascono da esempi concreti, per altro condivise in più occasioni da Women for Oncology Italy, con tanto di dati stilati dalle stesse ragazze: su 13 membri del senato accademico solo 3 sono donne e di 10 professori ordinari della classe di lettere, 9 sono uomini. Numeri che si riflettono anche sui dati dei diplomati: su 24, solo 8 sono donne. Un divario di genere “molto più marcato nelle Università del sud”, contro il quale non si combatte abbastanza. “Per questo motivo”, hanno continuato Magnaghi, Spacciante e Grossi, “Vi chiediamo di prestare attenzione quando di fronte a voi avete una donna. Vi chiediamo di pensare due volte quando una ricercatrice è incinta, una professoressa è madre o quando un’allieva rimane ferita di fronte a un commento da voi ritenuto innocuo”. E ancora: “Dopo anni di confronto è significativo che nessuno di noi si riconosca nella retorica dell’eccellenza, perché la troviamo incompatibile con la ricchezza e la fattibilità di ognuno di noi”.
Alla luce di questo fatto Rossana Berardi, Presidente Women for Oncology Italy e Direttore della Clinica Oncologica Ospedali Riuniti Ancona – UniversitàPolitecnica delle Marche, ricorda quanto contenuto nel Dossier “Analisi e Proposte sulla questione di Genere nel mondo universitario italiano” del Ministero dell’Università e della Ricerca - Consiglio Universitario Nazionale. Lo studio dimostra che, nel mondo universitario italiano, il processo di miglioramento degli squilibri di genere, seppur visibile, è ancora lento. Nei ruoli precari ci sono più donne che uomini, mentre nel ruolo di ingresso si evidenzia una predominanza del numero degli uomini. In questo quadro, il sistema universitario rispecchia purtroppo le disuguaglianze della società in cui opera. Nelle scienze mediche, in particolare, nella categoria professori associati il numero degli uomini supera il triplo e il doppio di quello delle donne rispettivamente nel 2008 e nel 2018, mentre nella categoria professori ordinari il numero degli uomini è circa 8 volte quello delle donne nel 2008 e 5 volte nel 2018. La situazione appare ribaltata nei ruoli a tempo determinato soprattutto per gli assegnisti di ricerca, dove il rapporto uomini/donne è pari a circa 1:3.
In sostanza l’analisi citata dalla Professoressa Rossana Berardi, Presidente Women for Oncology Italy e Direttore della Clinica Oncologica Ospedali Riuniti Ancona – UniversitàPolitecnica delle Marche, pone l’evidenza sulla necessità di valorizzare il potenziale delle donne e il valore aggiunto della coesistenza e della piena collaborazione di donne e uomini nelle attività di ricerca e di didattica. Pertanto, è giunto il momento di attuare, con determinazione, politiche di risoluzione della disparità per giungere a una reale equità. Va a questo punto ricordato che nella prospettiva di un’uguaglianza di genere in tutti gli ambiti universitari (personale docente, tecnico-amministrativo, studenti) il Parlamento Europeo, con la risoluzione 2002/2198(INI), incoraggia la redazione di Bilanci di Genere allo scopo di indirizzare la politica delle istituzioni che, evidentemente, non è stata finora, e non è ancora, neutrale, ma ha un impatto diverso su uomini e donne.