"Il Mar Mediterraneo è considerato il mare più sfruttato al mondo.
Vi peschiamo dalle due alle tre volte più di quanto la natura sia in grado di sopportare".
“Se noi italiani dovessimo mangiare solo pesce che proviene dalle nostre acque non ne avremmo più a disposizione, approssimativamente, intorno alla fine di marzo di ogni anno”. Inizia così “Il pesce è finito – lo sfruttamento dei mari per il consumo alimentare”, il nuovo saggio del naturalista Gabriele Bertacchini, edito da Infinito edizioni, patrocinato da Oceanus onlus, prefazione di Umberto Pellizzari, in libreria dal 22 aprile, in occasione della giornata mondiale della Terra. Un viaggio sotto la superficie dell’acqua, tra moderni attrezzi di cattura, dati impietosi, avvenimenti di cronaca, specie viventi che stanno diventando sempre più rare, per diventare consumatori più consapevoli e fare le scelte migliori.
“E’ un libro prezioso questo di Gabriele Bertacchini che si unisce e da forza alla campagna di Oceanus “Una ricetta per salvare il Mare” che da oltre un decennio mira a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità urgente di cambiare abitudini alimentari e tecniche di pesca in un mercato miope che condanna o esalta determinate specie tanto da considerare circa il 40% di tutte le catture, seppur commestibili, inutili e infruttuose per le nostre tavole. Per alcuni “prodotti”, le catture accessorie possono essere anche più del doppio rispetto alla specie per la quale si è usciti in mare.
Dunque, peschiamo troppo e lo stiamo facendo male!” – Fabio Siniscalchi, presidente Oceanus onlus.
Il destino imminente dei pesci e delle altre creature dei mari è affidato a una crescita di coscienza e di conoscenza allo stesso tempo sia individuale che collettiva. Le nostre azioni contano più di quello che possiamo immaginare, in quanto vanno ad alimentare un circuito e a disegnare. Per quanto se ne dica, parole e idee possono cambiare il mondo. “Sono i pensieri che possono plasmare le leggi, i governanti, i consumi, i controllori, i commercianti e i pescatori di domani. Dobbiamo permettere agli ecosistemi di rimettersi in moto in modo naturale – continua Bertacchini. - Se messa nelle condizioni di poterlo fare, la vita acquatica è in grado di riprendersi. Le aree marine ci dicono e dimostrano questo”.
La “pesca fantasma” non riguarda solo pesci, ma anche cetacei, uccelli marini e tartarughe. Solo per riportare qualche dato, a livello mondiale, ogni anno, perdono la vita nelle reti e nelle lenze di materiale plastico oltre centotrentamila tra leoni marini, foche e balene.
Come scrive Umberto Pelizzari nella prefazione: “Cogliamo i piccoli e grandi segnali che il mare ci invia. Osserviamo. Guardiamoci dentro e adattiamoci alle sue esigenze. Sentiamoci parte di qualcosa di più grande. Fermiamoci per un istante, ascoltiamo quello che il mare ha da dirci”.